Intercettazioni, silenzio stampa contro la legge bavaglio

Intercettazioni, silenzio stampa contro la legge bavaglio

In quanto operatori del settore della sicurezza e sorveglianza, abbiamo espresso più volte la nostra posizione in merito alla legge che il governo Berlusconi sta tentando di far approvare, e che introdurrebbe severe limitazioni non soltanto alla possibilità stessa di utilizzare lo strumento delle intercettazioni telefoniche durante un’indagine di polizia, ma anche alla libertà di stampa, impedendo la pubblicazione di notizie di reato addirittura fino a che il processo non si sia concluso.

Quindi, non soltanto non sarebbe più possibile (o sarebbe molto più difficile e laborioso) incastrare criminali che usano il telefono per prendere accordi, scambiarsi informazioni e compiere una serie di atti utili ai loro interessi, ma i giornalisti che dovessero dare notizia di tali crimini sarebbero passibili di sanzioni economiche e addirittura rischierebbero il carcere.

Se questa legge fosse in vigore oggi, tanto per fare un esempio, i recenti scandali che hanno coinvolto politici di governo e della maggioranza sarebbero passati completamente sotto silenzio, e l’opinione pubblica non sarebbe stata in grado di giudicare obiettivamente i propri governanti, cosa già di per sé difficile, in un Paese dove l’informazione televisiva è travisata al punto che l’Italia (unico paese dell’Europa occidentale) è classificata come “Paese parzialmente libero” dal punto di vista della libertà di espressione.

Per protestare contro tutto questo, ieri 9 Luglio, in Italia si è tenuta una giornata di sciopero generale della carta stampata e dell’informazione online: la maggior parte dei giornali (anche alcuni dell’area di centrodestra) non è stata pubblicata, ed i maggiori siti di informazione (nonché quelli dei giornali stessi) non sono stati aggiornati per l’intera giornata.

In questo modo, la stampa italiana intende dare un esempio di come sarebbe l’informazione se questa legge liberticida dovesse effettivamente essere approvata: un’informazione totalmente imbavagliata, costretta a pubblicare notizie non rilevanti per riempire pagine di giornali che non avrebbero più alcuna funzione di informazione, ma sarebbero ridotti a mero intrattenimento, o adatti tuttalpiù ad una rapida lettura disattenta.

In presenza di una legge che limita la libertà di espressione, tale scelta può sembrare un controsenso, si potrebbe pensare che faccia esattamente il gioco di coloro che stanno tentando di imporre il bavaglio all’informazione; al contrario, il silenzio di oggi sulla carta stampata e sui siti di approfondimento ed informazione è uno spazio per pensare, un modo per rendersi conto che giornate come questa potrebbero verificarsi tutti i giorni, in un’Italia dove la legge dovesse decidere quali notizie pubblicare e quali far passare sotto silenzio.

L’aspetto che più deve far pensare è che, mentre da un lato si mostra una determinazione feroce per colpire i disperati che affrontano viaggi disumani per fuggire da fame e persecuzioni e venire a cercare fortuna nel nostro Paese, respingendoli via dalle nostre coste come se fossero infetti, dall’altro lato tale determinazione svanisce completamente, per fare spazio ad un accondiscendente silenzio e ad un volgere lo sguardo in altra direzione, quando si tratta di perseguire reati finanziari e di mafia che potrebbero essere facilmente contrastati ricorrendo alle microspie.

Se mentre negli USA l’aumento dell’utilizzo di cimici per intercettare telefonate e conversazioni ha portato risultati nel campo della lotta al cosiddetto “white collar crime”, ossia ai reati finanziari, in Italia si pensa a limitarne l’uso, è legittimo sospettare che ci siano altri interessi dietro. O no?

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